IL FANTASMA DELLA SPECOLA

La Specola, o Torlonga, è una meravigliosa torre medievale che si specchia nella biforcazione di due fiumi. Possiamo tranquillamente dire che questo è uno dei punti più romantici della città, ma solo se non se ne conosce la storia.

Un indizio vi viene presto fornito se decidete di visitare la Specola: sarete infatti accolti dai versi di Toaldo incisi nell'androne, datati 1767 e che, tradotti, recitano: «Questa'torre che un tempo conduceva alle ombre infernali, ora sotto l'auspicio dei Veneti apre la via agli astri». Proprio qui infatti un tempo si trovavano le famigerate prigioni del tiranno Ezzelino, che consistevano in due stanze senza finestre e senza alcuna via di uscita. Si dice che l'architetto Zilio, terminati i lavori alla torre, fu lasciato morire qui perché non ne svelasse i segreti di costruzione. Ma questo non ci stupisce, viste le voci che girano sul conto di Ezzelino, alimentate oltre che dalle cronache, da famosi testi letterari, come il Novellino, la Divina Commedia (Inferno XII, lO; Paradiso IX, 15-30) e, soprattutto, dall'Ecerinis del padovano Albertino Mussato, u~a tragedia in latino che presenta Ezzelino come il figlio del demonio. Ottime referenze, insomma. Oggi la Torlonga viene più comunemente chiamata "Specola" perché successivamente fu trasformata nell'osservatorio astronomico dell'università di Padova, aprendo la via agli astri, per l'appunto.

Indovina indovinello, a quale delle due vite della torre noi siamo interessati? A quella più macabra, naturalmente. Tanto per farvi entrare nell'atmosfera vorrei ricordarvi che Ezzelino era un fan delle torture e, in quanto tale, amava escogitarne sempre di nuove e di più crudeli. Una volta fece murare le porte delle prigioni, gremite di suoi avversari, e le grida degli affamati si propagarono per tutta la città, procurandogli sommo piacere. La sua tortura preferita si dice fosse quella cosiddetta "dello stivale", che consisteva nel fare indossare al malcapitato uno stivale di ferro che arrivava fino al ginocchio, per poi inserire con un martello fra lo stivale e la gamba dei cunei di legno o di metallo. Il trattamento è ben più doloroso di quanto immaginiate, in quanto spesso i cunei non solo laceravano la carne, ma spezzavano anche le ossa, rendendo storpio a vita il pòveretto. Questa visione era talmente insopportabile da far sì che i membri del Consiglio che ordinavano la tortura chiedessero poi di andarsene per non assistere alle urla strazianti di chi doveva subire quel trattamento. Un'altra tortura firmata Ezzelino era conosciuta come la "culla di Giuda" e prevedeva che il condannato fosse legato mani e piedi con una robusta cinghia, e quindi posto perpendicolarmente sopra una sorta di piramide appuntita posizionata su un cavalletto. Le braccia del condannato, legate, erano collegate a un dispositivo che ne impediva qualsiasi movimento.

Il condannato veniva quindi tirato in avanti con una corda legata ai piedi, così che la punta della piramide si andasse a ficcare proprio dove state pensando voi. Inutile dirvi che il dolore era così forte da causare spesso lo svenimento del poveretto. Una simpatica variante di questa tremenda forma di tortura consisteva nell'applicare dei pesi alle braccia e alle gambe del condannato, che veniva posto a cavalcioni sulla solita piramide. Un ottimo esempio di come massimizzare la resa minimizzando lo sforzo. Adesso che vi ho dato un'idea di cosa videro questi muri, non sarete stupiti di sapere che qui si aggira un fantasma. O forse addirittura più di uno, visto che le descrizioni sono tra loro discordanti. Alcuni lo descrivono come una macchia bianca fluttuante che si sposta tra le stanze delle antiche prigioni lamentandosi. Un grande classico. Altri, più alternativi, hanno visto un'ombra nera sostare immobile sulla sommità della Torlonga reggendo tra le mani una fiammella. I più sostengono invece che si tratti di una sagoma con sembianze umane, coperta da un ampio mantello rosso che si trascina per le stanze delle prigioni emettendo un rumore di catene, per poi sparire attraverso i muri della Torlonga, chiaramente lamentandosi. L'unica certezza riguardo a questo fantasma sarebbe dunque che si tratti di un brontolone.

I più interessati alla questione sostengono con certezza che si tratti di una delle vittime di Ezzelino. Sai che indizio! Il più quotato della serie dei torturati sarebbe Sarpendone, valoroso guerriero protetto da Ezzelino, che ne ammirava le doti bellicose. I due avevano spesso combattuto fianco a fianco, e allora come mai erano diventati nemici? Vi do un indizio: si tratta della forza trainante più potente conosciuta in natura: la donna. Si dà il caso, infatti, che questo Sarpendone avesse anche altre doti oltre a quelle di bellicoso guerriero, e di questo si accorsero in molte, tra cui Selvaggia, moglie di Ezzelino. Ma Ezzelino fesso non era e mangiò la foglia, ahiloro; dopo aver punito la moglie fece mutilare Sarpendone della sua estremità preferita, per poi gettarlo nelle prigioni e lasciarlo morire di stenti e dolore. Il fantasma, di chiunque esso sia, sembra manifestarsi principalmente la notte del 23 giugno, festa di san Giovanni

e giorno dedicato alle streghe. Sembra infatti che si odano grida spettrali provenire dalle antiche prigioni e si veda un lumi~ino che arde sulla sommità della Torlonga per poi scendere velocemente lungo la torre e scomparire nell'acqua del canale sottostante.


Ezzelino da Romano coi suoi (incisione ottocentesca).

La Specola, oggi osservatorio astronomico dell'università di Padova, in un 'incisione di fine Ottocento.

   

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tratto da "Misteri e storie insolite di Padova" -Newton Comption editori